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Il vantaggio di mangiare prodotti a km 0 – Ancora pochi i farmer’s market a Corato

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Esterno giorno: una donna coratina si reca in un supermarket  ad acquistare il necessario per preparare un dignitoso pranzo e mentre tutta trafelata scruta gli scaffali alla ricerca dell’aureo abbinamento qualità/prezzo non bada minimamente alla provenienza dei pomodori, delle mele e delle uova che ha già messo nel carrello.

E così non si rende conto che la maggior parte  di questi prodotti non proviene dalle vicine campagne, coltivata dai suoi conterranei, bensì giunge da luoghi sconosciuti, lontani migliaia di chilometri.

Qualcuno  si chiederà, giustamente: qual è il  problema? Non  è questione di gusto, o meglio,  non solo. Infatti, probabilmente,  per uno  che non sia un buongustaio, la rucola coltivata in Spagna, avrà lo stesso sapore di quella che cresce sulle Murge. Il reale problema è quello legato ai costi aggiuntivi dipendenti dal trasporto. Costi che non sono solo economici, ma, soprattutto ambientali.

Spieghiamoci meglio: da uno studio della Coldiretti risulta che per trasportare un chilo di frutta o verdura da un continente all’altro, si produce una quantità notevole di anidride carbonica (CO2), ad esempio  più di sedici chili di CO2 solo per trasportare prodotti dal Sudamerica ai supermercati italiani.

L’impatto ambientale che provoca tale diffusissima pratica è direttamente proporzionale  alla comodità, per il consumatore, di trovare  all’occorrenza frutta e verdura fuori stagione. Un abitudine  che, per fortuna, sembra però destinata a tramontare in un futuro  molto prossimo; la consapevolezza e l’attenzione all’acquisto del cliente comune sta crescendo  e, insieme, anche  la sensibilità verso l’ambiente.

La natura,  lo dimostra  ogni giorno, è  l’unica forza alla quale non possiamo  opporci  con la forza dei nostri eserciti o con i più sofisticati strumenti tecnologici, ragion per cui, ci conviene preservare il nostro  habitat, riducendo decisamente le emissioni di anidride carbonica (al contrario delle decisioni danesi dell’ultima conferenza climatica mondiale) e adottando uno stile di vita ecocompatibile. E si può  cominciare proprio prediligendo i prodotti venduti nelle immediate vicinanze dei luoghi di produzione, i cosiddetti prodotti a chilometro zero,   incrementando l’economia  locale e abbattendo del 30-40  %  l’impatto ambientale.

Ovviamente, a tal fine, è necessario che i produttori si dotino di  strumenti informativi  che rendano  chiaro al consumatore   non solo il luogo di produzione, ma anche i costi “occulti” che rientrano nel finale costo totale -trasporto, imballaggio, etc.- (come avviene già in molti paesi europei), affinché lo si renda pienamente consapevole dell’acquisto che sta facendo. In tale contesto si situano anche i cosiddetti farmer markets,  i negozi attigui alla fattoria: in sostanza, tutta la filiera di produzione racchiusa in pochi metri.

Se questo modo  di  produrre è già molto ben avviato nel  nord Europa, in Italia stenta ancora a decollare.

In Puglia però non  mancano  gli esempi di farmer’s market  all’italiana: solo in provincia di Bari se ne contano 5, a Terlizzi, Gioia del Colle, Sannicandro e Gravina.

E considerando la ricca e gustosa tradizione agreste coratina, non  vediamo l’ora che anche qui nascano i primi “negozi della fattoria”.

 

 

 

 

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