Home Cronaca “Angeli e Demoni” l’appello di aiuto di una mamma pugliese

“Angeli e Demoni” l’appello di aiuto di una mamma pugliese

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“Vedevo l’assistente sociale del paesino pugliese accontentare le richieste del mio ex convivente e redigere relazioni false ed omissive al tribunale” – La testimonianza di una donna

 

Risale a qualche giorno fa, la nostra redazione è stata contattata da una signora che, come accade nell’inchiesta “Angeli e Demoni” a Bibbiano (Reggio Emilia), sul presunto business degli affidamenti illeciti di minori nel sistema dei servizi sociali, similmente testimonia con la sua storia.

Una storia che nella fattispecie ha inizio proprio in un comune pugliese.

Nessun preciso riferimento è possibile perché le indagini sono ancora in corso e la donna, al momento, si trova in una casa protetta.

Il suo appello è rivolto soprattutto al ministro Bonafede ma la donna ha voluto che l’assurda vicenda di cui è vittima fosse pubblicata anche sulla nostra testata giornalistica.

 

APPELLO AL MINISTRO BONAFEDE: AIUTACI A PROTEGGERCI DALLO SMISURATO POTERE DEI SERVIZI SOCIALI!

Noi donne denunciamo i maltrattamenti che subiamo dai nostri ex conviventi, ma non per questo dobbiamo essere punite vedendoci strappati i nostri bambini!

Inizia così lo straziante racconto di una donna 34enne, laureata, per bene e stimata. Una donna che per tredici anni ha vissuto tra Bologna e la provincia coltivando sane amicizie, un lavoro stabile, interessi.

Una donna che nel 2016 dopo tre ore di maltrattamenti, urla e minacce di morte con spranga di ferro veniva anche brutalmente sbattuta fuori casa col solo figlioletto di appena un anno tra le braccia… da lui, suo coetaneo, suo ex convivente nonché “padre” del bambino.

Un uomo abituato a pratiche scambiste, alcol, droga, gioco del bingo e con un passato detentivo per uso e spaccio di droga: una doppia vita ben nascosta ma che la donna scopriva solo dopo il parto.

Ma l’essere uscita da quella prigionia fatta di ripetute offese, insulti, aggressioni fisiche, minacce fino a quelle di morte non cessava la situazione. La donna così, con gran coraggio e supportata da un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso, decideva di denunciare l’uomo.

Sì, perché nessuno credeva alla donna! Perché lui, bestia varcata la soglia dell’uscio domestico prima o in zone in cui nessuno poteva sentirlo dopo, all’esterno si mostrava impeccabile, affabile, dolce, premuroso, gentile.

Foto originale ricevuta dalla vittima che ritrae un Babbo Natale ammazzato

E così tra aggressioni e mazzi di rose rosse, nonostante una sentenza di condanna per maltrattamenti in famiglia innanzi al minore giunta nel maggio 2017, nel luglio 2017 le inviava una mail dove la invitava ad incontrarsi segretamente per chiarirsi l’ultima volta allegando all’invito una foto di un babbo natale morto sparato alla schiena.

Io e il piccolo siamo stati costretti ad andar via da Bologna! Il tribunale di Bologna ha autorizzato il nostro trasferimento urgente in Puglia perché lui è violento e nessuno lo ferma! E ha disposto incontri protetti vigilati da un educatore e organizzati dai servizi sociali pugliesi”.

Ma le traversie di questa donna e di questo bambino purtroppo non terminano!

Voglio che le autorità competenti e il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, sappiano ciò che realmente accade a chi osa denunciare un violento”.

Anche i pendenti rinvii a giudizio per minacce e stalking, l’ultimo del settembre 2018, non hanno frenato gli atti intimidatori e persecutori dell’ex compagno che iniziava ora a minacciare i servizi sociali del piccolo paesino pugliese: “l’assistente sociale del paesino pugliese mi diceva di ricevere minacce dal mio ex convivente e dal di lui legale.

L’ho vista improvvisamente cambiare nei miei riguardi finché, qualche mese dopo, quando sono iniziati gli incontri protetti la vedevo accontentare le richieste del mio ex convivente e redigere relazioni false ed omissive al Tribunale di Bologna.

Alle mie richieste di chiarimenti ricevevo sue aspre indisponibilità.

Non potevo permettere che mio figlio di appena 3 anni fosse posto in pericolo dagli stessi servizi – precisa la signora– così decisi di raccontare quel che realmente accadeva al CTU bolognese: l’assenza dell’operatore che avrebbe dovuto vigilare gli incontri, un gatto ammazzato e lo psicoterapeuta che rideva di fronte ai conseguenti traumi sorti nel bambino, ingressi negli incontri di persone non autorizzate dal giudice, blitz a casa dell’assistente sociale e di un vigile urbano perché i genitori del mio ex convivente avevano bloccato l’operatrice in struttura in quanto io avevo comunicato e certificato che il bambino stava male e non poteva partecipare a uno degli incontri protetti, o ad aprile 2019 mio figlio di appena 4 anni è rincasato munito di 50 petardi…”.

L’assurda vicenda è stata presa in carico dall’Avv. Fabio Campese del foro di Bari.

Purtroppo per i tribunali civili le relazioni dei servizi sociali sono leggi incontestabili difatti oggi, nonostante la donna abbia segnalato il tutto al comune pugliese e denunciato l’operato dei servizi sociali alle autorità competenti scaturito in una sensata protezione per ambedue in struttura protetta (art. 403), la Corte d’Appello di Bologna non riconosce alcun pericolo per la donna e per il bambino rispedendo paradossalmente gli stessi dall’assistente sociale che la signora ha denunciato.

Un assistente che, appresa la denuncia della signora, ha iniziato a redigere relazioni gravemente calunniose nei suoi riguardi e tese a farle perdere l’affidamento del figlio.

Da qui anche un parallelo con quanto successo a Bibbiano (Reggio Emilia) e l’inchiesta sugli affidamenti illegittimi: «Anche nel mio caso devo testimoniare un potere enorme affidato a queste figure. Con che spirito le vittime possono denunciare se l’iter è questo?».

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