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“Esclusiva” intervista ad Anna, una mamma coratina, che da anni cerca di salvare la figlia dal suo stalker. La burocrazia il suo più grande ostacolo

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Sono sempre più frequenti i casi di cronaca di stalking, violenza e femminicidio che balzano agli onori della cronaca nazionale, notizie che sembrano essere distanti da noi e dalla nostra realtà finché non ti ritrovi vis à vis con chi sta vivendo questo dramma, anzi convivendo, perché ha le mani legate da norme e leggi che non aiutano.

Ho incontrato una donna, meglio dire una mamma, lei vive qui a Corato e la chiamerò Anna (un nome di fantasia per motivi comprensibili).

Anna lotta da tre anni per salvare sua figlia Maria (anche questo ovviamente nome di fantasia) dal suo stalker, il suo fidanzato, ma è completamente sola contro tutti e il suo più grande ostacolo è la legge che per assurdo appare essere “complice” del carnefice e non di Anna che disperatamente vuole aiutare Maria.

 

Anna ci racconti come inizia questa storia?

Tutto ha inizio tre anni fa, allora mia figlia poco più che sedicenne inizia a frequentare un ragazzo che nulla lascia presagire a ciò che poi si rivelerà.

 

Perché cosa succede?

Trascorre del tempo e mia figlia a un certo punto inizia a rincasare sempre più tardi, mi allerto, cerco di richiamarla a rispettare gli orari, qualche volta a malincuore la punisco ma ottengo poco, parlo anche con il ragazzo ma trovo una persona ostile e mi insospettisco.

 

Cosa fai?

Inizio ad essere vigile, leggo un messaggio sul suo telefono che dice: << volevo un ragazzo normale che mi facesse fare una vita normale non come te che mi fai bere e mi fai fare altro>>. Riesco a farmi raccontare da Maria cosa le sta succedendo, mi dice che ha fatto da palo mentre il ragazzo rubava una macchina, che le fa trasportare droga negli indumenti intimi e che la costringe a rubare oltre a subire violenze fisiche e psicologiche. Io credo che la costringa anche a prostituirsi perché le chiede sempre soldi.

 

Sporgi denuncia?

Certo, vado a denunciarlo dai carabinieri ma si sa che i tempi della burocrazia sono lunghi e quando Maria viene ascoltata dal giudice è ormai maggiorenne e non intende denunciare. A questo punto io non posso fare più niente, le mie denunce secondo la legge sono inutili, la sua salvezza dipende solo da lei.

 

Anna hai un’idea del perché Maria prima ti racconta, come fosse un grido d’aiuto, e poi rifiuta di sporgere denuncia?

Credo che sia ricattata, qualche mese fa ho scoperto sul cellulare dei video in cui mia figlia praticava autoerotismo, video violenti che una mamma non dovrebbe mai vedere, ed è chiaro da alcune chat che ho letto che è lui a costringerla (si omettono i particolari raccontati per non urtare la sensibilità dei lettori). Spesso rientra con evidenti segni di violenza (morsi per esempio), una sera l’ha picchiata e le ha preso dei soldi che aveva in borsa lasciandola a terra, sono stata chiamata dalle sue amiche l’ho portata in pronto soccorso dove ha raccontato tutto ma non ha voluto firmare la denuncia. Mi sono rivolta anche a un centro antiviolenza ma mi è stato detto che essendo maggiorenne io non posso agire. Come può una ragazza ormai succube di questo mostro e probabilmente ricattata avere la forza di reagire? Ormai è ostaggio della sua maggiore età e del suo carnefice e i miei interventi non hanno nessun valore legale.

 

Hai mai pensato di chiedere un supporto psicologico?

Assolutamente sì, Maria ha iniziato a farsi seguire da una psicologa, ma tutto quello che si costruiva durante gli incontri veniva demolito dal ragazzo. Maria ormai ragiona come lui, è completamente plagiata. In qualche seduta è riuscita a coinvolgerlo ed è risultato una persona con il disturbo borderline di personalità. A volte mi sento in colpa nei confronti di mia figlia.

 

Cosa intendi?

Purtroppo anche la mia vita è stata contrassegnata da violenze fisiche e psicologiche. Avevo solo cinque anni quando sono stata abusata da un vicino di casa a cui mia madre affidava me e mia sorella quando si assentava. A quell’età non riesci a comprendere ciò che è bene e ciò che è male, sono cresciuta pensando che quell’atto, di cui era vittima, fosse addirittura un gioco. Solo in età adolescenziale ho elaborato che si trattasse di violenza e nessuno dei miei familiari mi ha spiegato o fatto aiutare. Mi sono sentita sempre sporca e sbagliata e avevo difficoltà a relazionarmi con gli altri, in particolar modo col sesso maschile. Poi ho conosciuto un ragazzo a cui ho raccontato la mia triste storia e inizialmente sembrava mi stesse vicino. Dopo un lungo fidanzamento ci siamo sposati ma anche qui le cose hanno preso una strana piega.

 

Perché?

Non trascorre molto tempo dalla nostra conoscenza quando inizia ad assumere atteggiamenti lesivi nei miei confronti generando in me una totale sottomissione psicofisica, perpetrati anche durante il matrimonio.

 

Come mai hai continuato a stare con lui? Non hai pensato di denunciarlo o almeno di lasciarlo?

Come ti dicevo sono cresciuta pensando di essere io la persona sbagliata, con una bassissima autostima e l’incapacità di reagire, di ribellarmi, qualsiasi cosa lui facesse era come se lo meritassi, secondo la mia convinzione. Questa terribile situazione è andata avanti per diversi anni, un rapporto fatto di violenze consumate a volte anche in presenza dei bambini nati dal nostro matrimonio, poi è arrivata la depressione che mi ha spinto a tentare per ben tre volte il suicidio.

 

A chi ti sei rivolta per farti aiutare?

Sono stata in ospedale ma nonostante venisse refertato il tentato suicidio, nessuno si è preoccupato di approfondire e non ho avuto nessun supporto psicologico.

Solo la terza volta quando finisco in psichiatria ricevo assistenza in tal senso e inizio un percorso di autoanalisi.

Inizia un duro cammino d’introspezione, un lavoro impegnativo che pian piano mi fa acquisire fiducia in me stessa fino a maturare la forza di dire basta e smettere di subire ingiustizie. Decido di mettere fine al matrimonio, una scelta che ovviamente non viene presa bene da mio marito che cerca in tutti i modi di farmi desistere spaventandomi e minacciandomi in ogni modo. Mi rende la vita difficilissima, io non lavoravo e la prima cosa che fa è lasciarmi senza risorse economiche cercando anche di portarmi via i bambini evidenziando che assumevo psicofarmaci, ma fortunatamente a riguardo ogni suo tentativo fallisce.

 

Tuo marito è presente nella vita dei tuoi due figli in seguito?

Assolutamente no, ma ciò non toglie che, nel periodo successivo alla separazione, devo sempre guardarmi bene da ogni mia azione perché i suoi attacchi sono sempre in agguato. Infatti vista tutta la mia situazione, quando scopro quello che sta subendo Maria non posso intervenire in maniera incisiva nei suoi confronti, qualsiasi mio intervento risultante eccessivo ( una punizione o anche un semplice scappellotto) avrebbe potuto compromettere l’affidamento qualora il mio ex marito lo avesse  strumentalizzato a mio sfavore. Quindi questa vicenda diventa alquanto difficile da gestire nel periodo della minore età di Maria, devo calibrare i miei interventi educativi per evitare il peggio mentre nel frattempo da parte delle istituzioni, per via delle lungaggini burocratiche, non giunge nulla di buono fino ad arrivare alla maggiore età di mia figlia che come ho già detto non mi concede più di aiutarla.

 

Il tuo ex marito è a conoscenza del dramma che sta vivendo Maria?

L’ho informato, è intervenuto ma lei rifiuta la sua presenza, l’assenza durata troppi anni ha cristallizzato il ricordo di suo a quei primi anni di vita insieme (Maria aveva cinque anni al momento della separazione ), non è facile neanche per lui riprendere il rapporto e comunque la sua preoccupazione più grande è che lei concluda la scuola.

 

Hai raccontato a Maria la tua esperienza?

Maria conosce la mia storia, ho dovuto raccontargliela proprio per farle comprendere a cosa va incontro ma per quanto sia legata a me (cosa che la tiene ancora vicino) non è sufficiente a farle trovare la giusta forza per reagire, è come se anche per lei al momento sia normale così.  È una ragazza spenta, rassegnata e completamente asservita a lui che la sta consumando giorno per giorno.

Ecco perché mi sento profondamente in colpa, il disagio familiare vissuto durante l’infanzia, l’aver visto me succube di un uomo l’hanno ferita e convinta che quella vita malata sia giusta e la mia ritrovata salvezza, purtroppo, è arrivata troppo tardi per salvare lei.

 

Cosa ti aspetti Anna per te e tua figlia?

Personalmente non ho sogni, credo di non aver mai conosciuto la felicità nella mia vita, ho un lavoro che mi permette di aiutare e sostenere persone in difficoltà almeno tramuto la mia terribile esperienza in qualcosa di buono che mi permette di andare avanti ma la mia unica ragione di vita sono i miei due figli.

Per Maria non so cosa riservi il futuro, io non intendo arrendermi, spero di guidarla a trovare la strada giusta perché possa venir fuori da questo incubo.

Il mio appello, attraverso questa intervista, è che, se ci fosse anche solo una piccola possibilità di aiuto da parte degli organi preposti, si facciano avanti, contattandomi attraverso la vostra redazione. Inoltre sarebbe opportuno fermare questo individuo prima che sia troppo tardi.

“Maria va salvata”

Anna non smettere di lottare, il nostro augurio è che il tuo appello venga accolto e che non cada nell’indifferenza, dandoti il nostro possibile sostegno.

 

 

 

 

 

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