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Arresti pm Savasta Nardi: le indagini, le sentenze, Corato…

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a cura di Vincenzo Rutigliano (giornalista professionista)

CORATO-Un compito non facile. La procura di Lecce che sta indagando sul triangolo Trani-Corato-Roma deve fare un lavoro immane. Se vuole andare fino in fondo, come emerge dai primi provvedimenti restrittivi,  ai magistrati inquirenti tocca continuare a verificare, al netto di prescrizioni varie, i risultati di tutte o di quasi tutte le indagini e dei  processi nei quali si sono mossi o hanno avuto ruoli di rilievo i protagonisti di questa storia,questi “Uomini dello Stato spregiudicati”, come il Gip di Lecce, Giovanni Gallo, ha definito Antonio Savasta, Michele Nardi e Vincenzo Di Chiaro.Per questo lo scandalo esploso il 14 gennaio con la notizia del loro arresto, potrebbe contenere in sé la sorpresa di altri scandali già in parte chiari alla procura salentina o in via di chiarimento. E se si deve chiarire occorre scandagliare tutti i fascicoli di inchiesta e quelli processuali riconducibili, a vario titolo, ai due magistrati arrestati a metà gennaio. Compito non facile perchè, infatti, dall’ inchiesta salentina emerge che potrebbero esserci stati a Trani, negli ultimi 10 anni, procedimenti penali e sentenze pilotate in cambio di utilità varie(denaro, viaggi, gioielli). Quali procedimenti? Quali sentenze? Questo  lo dirà il tempo.  Senza allargare l’orizzonte ad altre città del circondario del Tribunale di Trani, e volendo rimanere concentrati su Corato, dove tutta l’inchiesta che ha portato ai tre arresti è iniziata, ci si potrebbe chiedere cosa sia accaduto, o non accaduto, nelle maxi inchieste che hanno riguardato, per esempio, alcune delle famiglie imprenditoriali più in vista della città. Come è accaduto per l’ex-gruppo Ferri e per il gruppo Casillo, vicende giudiziarie che hanno in comune lo stesso magistrato inquirente, il dott. Savasta. Casi diversi nei quali “potrebbero” essersi consumati, o al contrario non consumati – e questo è compito della  procura salentina accertarlo – atteggiamenti viziati da alterazioni, o al contrario coerenti,  rispetto alla funzione giudiziaria. Il “potrebbero”  è obbligatorio se le cronache ci rimandano il caso dell’ex patron del Bari Calcio, il molfettese Giancaspro, che racconta a Savasta di una mazzetta di 500.000 euro per lo sblocco di una pratica edilizia. Il caso viene sollevato dal Pm Vaira che, arrivato a Trani, ha passato al setaccio i fascicoli di Savasta intanto trasferito a Roma, e ha mandato una relazione alla procura salentina. È proprio Giancaspro a raccontare a Savasta della tangente per lo sblocco. Savasta nel 2011 lo iscrive con l’accusa di millantato credito, accusa definita però fin “troppo prudenziale” perchè, pur avendo raccontato lui delle tangenti, avebbe assunto su di sé anche il ruolo di concorrente nel reato di corruzione. Savasta lo manda a giudizio nel 2016, pur trattandosi di un fascicolo del 2011, ma non c’è traccia documentale dell’invio dell’avviso di conclusione delle indagini. Parte così un secondo avviso che ha  allungato ulteriormente i tempi di definizione del fascicolo e così al Gip, trascorsi 7 anni, non è rimasto  che dichiarare la intervenuta prescrizione del reato di “millantato credito”. Con questo precedente, su cui ha acceso i riflettori la procura di lecce,  è ancora più necessario, nell’interesse della giustizia e delle comunità, capire cosa sia accaduto, o non accaduto,  nelle indagini clamorose che hanno riguardato Corato, come quella dell’ex- gruppo Ferri,o  come quella del grano all’ocratossina per Casillo,come quella sui titoli tossici e le controversie sorte tra clienti e grosse banche come ex-Banca 121, poi Monte Paschi di Siena. Non resta che attendere e vedere se sorgeranno o no – se ve ne saranno – nuovi elementi utili per riscrivere intere storie giudiziarie per le quali si potrebbe concludere, una volta di più, che “nulla è come sembra” o “come è sembrato”.

 

 

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