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Magistrati corrotti: un documento prova potrebbe inchiodare i vecchi vertici della politica locale

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Continuano le indagini della procura di Lecce e dei Carabinieri di Barletta

Dopo l’arresto dei due magistrati e dell’ispettore di polizia e all’iscrizione, nel registro degli indagati, di più persone in conseguenza dell’interrogatorio, avvenuto a novembre 2018, del teste chiave Flavio D’Introno, nuovi elementi probatori si starebbero aggiungendo e fortificando l’inchiesta.

I magistrati salentini sarebbero infatti in possesso di documenti ed informazioni che proverebbero il coinvolgimento – non si sa ancora in che misura e con quale grado di responsabilità – di figure politiche locali di spicco.

Il riserbo assoluto che circonda la vicenda impedisce di ricostruire esattamente natura e consistenza della responsabilità, ma è certo che Flavio D’Introno, ascoltato più volte dagli inquirenti, abbia dato altri elementi utili agli inquirenti tali da alimentare l’ipotesi che nuovi ed eclatanti sviluppi potrebbero, presto, coinvolgere Corato.

Con il risultato che la tela di ragno che in questi anni si sarebbe venuta creando tra i magistrati in carcere, l’ispettore pure in carcere, pezzi di società coratina e professionisti di grido e molto in voga, potrebbe presto vedere coinvolte altre figure tra gli indagati e non sarebbero da escludere anche nuove misure cautelari.

La procura di Lecce poi starebbe continuando a passare al setaccio non solo i fascicoli di cui a suo tempo si sono occupati i magistrati in carcere – sia come Pm che come Gip come nel caso dell’arresto dei fratelli Casillo – ma anche alcune sentenze tributarie e procedimenti penali che, a vario titolo, avrebbero coinvolto la famiglia D’Introno.

Ricordiamo infatti che già nell’ordinanza del 14 gennaio, figurava tra gli indagati Domenico D’Introno, fratello del teste Flavio D’Introno, con a suo carico l’ipotesi di reato di calunnia e falsa testimonianza, ipotesi cui si aggiungerebbero altre contestazioni.

Non solo. A seguito degli interrogatori del pm Savasta – di cui intanto la Guardia di Finanza di Firenze ha rinvenuto un cospicuo tesoro in immobili e terreni – e delle dichiarazioni rese da Flavio D’Introno,  la magistratura avrebbe iscritto nel registro degli indagati, insieme a D’introno Domenico (amministratore della ceramiche Ubi Maior ), anche la sorella maggiore insieme al cognato (ipotesi di reato quella di tentare di aggiustare i procedimenti a carico del padre Vincenzo D’Introno) e alcuni professionisti coinvolti nella vicenda, cui verrebbe contestata l’ipotesi di reato di concorso in corruzione in atti giudiziari.

Insomma un’autentica ragnatela con più ragni all’opera e tante vittime, sicuramente costrette a pagare per quanto l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari contestata dai magistrati ad alcuni protagonisti del torbido affaire è un reato bilaterale, cioè vi è un corrotto ed un corruttore.

 

 

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