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Chi si sazia e chi si strazia

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A cura di Gaetano Bucci

L’estate per le amministrazioni è come la notte per i ladri. Si ruba di notte perché le persone dormono. Si prendono dubbi e importanti provvedimenti d’estate perché la gente è in ferie. In estate, si sa, le difese immunitarie sociali sono sopite. In vacanza al mare si esulta per un cruciverba completato o per una partita di burraco vinta. Si gioisce per un ballo di gruppo in spiaggia o per una partitella di volley in acqua. Alla sera piace godersi la movida, con o senza mascherine. I tavoli delle pizzerie e dei ristoranti, green pass permettendo, mettono d’accordo tutti.

La vita si riprende un po’ di spensieratezza. In Italia durante L’estate si parla poco di politica e, per quel poco, se ne parla con piacevole leggerezza. Quasi con indifferenza. L’Italia, campione d’Europa e già medagliata alle Olimpiadi di Tokio, ha preso già confidenza coll’esultanza del “Poo-Po-Po-Po-Po-Poooo-Poo”. Ed è, per certi versi, cosa santa e giusta. In periodo di post-pandemia si rifugge da tutto ciò che viene dai palazzi del potere. È ancora tanto lo spavento indotto dai molti mesi di “dipiciemme”, disposizioni “sindacali e dirigenziali” e prescrizioni di ogni genere. Al tempo delle “realtà aumentate” tocca fare i conti con le “libertà dimezzate”. Ma, come si dice in tempo di guerra, tutto va bene finché si è vivi. Meglio feriti che morti.

E così, in questo clima di piacevole “sospensione della partecipazione civile”, accade che si venga informati dalla stampa locale di stratosferici finanziamenti pubblici a favore delle città viciniori alla nostra, mentre a Corato esultiamo per la grazia ricevuta di due “roverelle poverelle” davanti al Municipio, per qualche cerchio di garofani rossi e petunie multicolore sotto la statua di Imbriani, per la saldatura espressa di un cartellone pericolante e per la partecipazione alla “finta lotta” contro le iniquità della spartizione dei pani e dei pesci del Recovery Plan.

Nei giorni scorsi è uscita la graduatoria nazionale dei fondi assegnati ai PINQUA (Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare). Alle città viciniori di Andria, Trani, Altamura sono stati destinati decine di milioni di euro. Una manna dal cielo in tempi di vacche magre e casse pubbliche al verde. A Corato, che pure ha quasi cinquantamila abitanti, la modica cifra di poco più di un milione di euro. Più che riqualificare l’abitare, al massimo riusciremo a “qualificare” dei magazzeni a pianoterra.

Se le cifre sono proporzionali alla considerazione che ormai hanno di noi in Regione e nella Città metropolitana di Bari, forse è il caso di indire subito un “referendum” per uscire dall’una e dall’altra. Ovviamente dalla prima non si può, mentre dalla seconda magari si potrebbe, vista l’ingratitudine dimostrata dal tempo in cui Pinuccio Vangi dette vita al quel comitato cittadino contro la Bat e Gino Perrone contro la stessa pronunció la storica frase: “Non mi siedo ad una tavola già apparecchiata”. Altri tempi. Tra i tanti difetti anche qualche scintilla di virtù e qualche punta di orgoglio.

Ora, non è proprio il caso di andare a sollevare questioni ideologiche o di schieramenti, perché qua sono anni che, con chiacchiere e scuse diverse, a Corato non arriva il becco di un quattrino. A Corato, fra crisi amministrative e commissariamenti, neanche le briciole sono arrivate, ma solo “briciole di briciole”. Il che è palesemente inammissibile. Cinquantamila persone non possono pagare per i capricci di pochi. Ora le cose sono cambiate. Corato ha una amministrazione stabile e forse su certi versanti e per certe questioni strategiche non è proprio il caso di dividersi. Anzi, senza fare troppo gli schizzinosi, è il caso di recuperare una “solidarietà nella diversità”, una “unanimità civica”, una “voce sola di dignità”. È tempo oramai di uno scatto di orgoglio collettivo e una forza comune.

Ciò è necessario non solo per questa storia dei PinQua ma per una, ancora più importante, in cui il tradimento della Regione verso la nostra città e diverse altre del nord-barese è ancora più grave, evidente ed inaccettabile. Si tratta delle decisioni sulla sanità pubblica, e in particolare sulla allocazione del nuovo ospedale di Andria, che sarà nientemeno policlinico di secondo livello, finanziato con la stratosferica spesa complessiva di 140 milioni di euro. Una enorme struttura con tecnologie d’avanguardia, con sei grandi padiglioni su una superficie complessiva di centonovantamila metri quadri.

Non entriamo nei dettagli dell’annuncio dato in pompa magna dal Governatore Michele Emiliano, dal Commissario straordinario della Asl Bt Alessandro Delle Donne e dal sindaco di Andria Giovanna Bruno ai piedi di Castel del Monte che, riguardo a tale mega-realizzazione, ha parlato di utilità per il territorio e per le città viciniori. Noi non ne facciamo una questione di campanile. Ci mancherebbe altro. Facciamone, invece, una questione politica di equa distribuzione di risorse, opportunità e servizi. Facciamone una questione di mantenimento di servizi sanitari e ospedalieri del nostro Umberto I che, a questo punto, rischia seriamente di chiudere baracca e burattini, nonostante la sua gloriosa storia, la felice ubicazione e le grandi possibilità di ampliamento.

Non si capisce quale sia la logica della Regione e del Governatore Emiliano nello spingere verso la realizzazione andriese in presenza già di un grande e ben collegato ospedale a Barletta, suscettibile di ulteriori ampliamenti e nel rinviare, per quel che si sa, la realizzazione di quel grande ospedale per il nord-barese al servizio di città come Corato, Bisceglie, Molfetta, Ruvo e Terlizzi che, complessivamente, hanno la stessa popolazione delle città della BAT. In pratica, lì due mega ospedali e qui nessuno. A chi tanto, a chi niente. Forse Bari è sempre Bari e gli altri non contano un fico secco.

Si dirà che la sanità non si distribuisce per “province”. Certo, per province non distribuisce, ma per distanze e per interessi sì. Duole assistere a questo cascata di risorse, che certamente avranno un impatto complessivo e una ricaduta molto più ampii nelle comunità di riferimento in ragione delle distanze e delle “stanze del potere”. Duole constatare che di fronte a tali scelte che comunque ci riguardano Corato neanche sia stata consultata o informata. Certamente ha fatto un po’ male aver assistito alla roboante presentazione del progetto del nuovo ospedale andriese “con vista Castel del Monte” senza la presenza e la partecipazione di una rappresentanza della nostra città e del nostro sindaco.

Su questo però il nostro Corrado De Benedittis non ha colpe. Anzi, questo gli sarà pesato più delle piovre immaginarie. Di fatto egli ha ereditato una atavica sottomissione della nostra città, specie dei partiti di centro-sinistra, verso il capoluogo di provincia e la Regione. Per decenni è stata data, ieri a Vendola oggi ad Emiliano, una fiducia al buio e senza alcun reale corrispettivo da parte degli organismi ed enti politici sovralocali.

Con la presidenza dell’Anci Puglia del nostro Gino Perrone qualcosa sembrava essere cambiato. Troppo poco e troppo passeggero però il cambiamento, se è vero come è vero, che a Corato dobbiamo continuamente ridurci ad elemosinare piccole somme che non producono alcun vero cambiamento strategico. Troppo poco se pensiamo che Corato, grazie a diverse grandi aziende e ad una imprenditoria diffusa e coraggiosa, produce una ricchezza media molto più che proporzionale al numero dei suoi abitanti. Troppo poco se pensiamo a quale importanza strategica abbia Corato nel congiungere la parte interna della Puglia e della Basilicata con la linea costiera del nord-barese e con gli assi stradali, ferroviari e portuali nazionali.
Insomma, qua in attesa dei grandi ulteriori stanziamenti del PNRR, si sta giocando una partita molto delicata e importante per Corato. Si dice che “l’argent fait la guerre”. È vero, con i soldi però non si fanno solo guerre, ma si fanno anche opere di pace. Col denaro si fa il progresso, si fa il benessere collettivo, si fa il futuro.

Su questo non è possibile avere divisioni. Pertanto la parola d’ordine è di nuovo una sola, “unità”. Su queste partite il Consiglio comunale, prima ancora che il Sindaco e la Giunta, devono assumere atti di indirizzo urgenti e unitari. A Bari devono sapere che a Corato siamo uniti su certe partite.

Tra l’altro è perfettamente inutile protestare contro “Roma o Milano ladrona”, quando invece i primi veri ladroni sono a Bari. Bisogna fargliele capire “tutti insieme” queste cose al nostro bravo Michelone, magari mettendolo davanti ad un piatto di ostriche, una focaccia barese e birra Peroni “a sfazione”. Bisogna dirgli: «Caro Governatore, non è possibile nel duemilaventuno dopo Cristo, che nella stessa casa debbano convivere chi si sazia e chi si strazia». Questo è.

 

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