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Non domande ma risposte ci vogliono

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A cura di Gaetano Bucci

“Much ado about nothing” (Tanto rumore per nulla) è il titolo di una breve e brillante commedia di William Shakespeare in cui gli elementi comici si fondono con i risvolti drammatici. “Tanto rumore per nulla” è diventato un detto proverbiale per indicare in modo anche caricaturale e assurdo il modo molto esagerato con cui piccoli fatti assurgono al livello di grandi tragedie.

Anche nella commedia di Shakespeare c’è un Corrado, con la differenza che mentre lì egli contribuisce a risolvere l’arcano, nel caso di Corato il sindaco Corrado De Benedittis il mistero lo ha creato e il “gran romore” l’ha scatenato nei cieli della fantasia e terra terra tra la gente.
È inutile ripetere la confessione notturna della piovra e dei tentacoli che avvinghiano e stritolano in un abbraccio mortale ogni buona pratica amministrativa e di cui ancora oggi, come un “vizio assurdo”, soffre la politica cittadina. Se ne sono dette di tutti i colori, senza però giungere ad una plausibile conclusione, anche perché la gravità della denuncia, con gli impliciti risvolti criminosi, devia e distoglie lo sguardo da una realtà cittadina tanto atavica quanto insopportabile, quella del malcostume politico diffuso pressoché in ogni campo e schieramento, verso un incredibile e profondo abisso di morte civile.
Assimilare la pur difficile nostra realtà al fenomeno criminoso della mafia, che si sostituisce allo stato con i morti ammazzati e il controllo violento del territorio con grandi infiltrazioni nell’apparato politico-amministrativo locale, è stato il rischio a cui si è esposto Corrado De Benedittis col suo post di amara delusione sulla non facile funzionalità della macchina amministrativa nostrana.
È stato un errore. Anzi, direi, una frittata riuscita male che ora nel tentare di rigirarla è caduta per terra diventando ormai immangiabile. Tanto è quanto ha sortito l’intervento di ieri del sindaco in un dibattito su Facebook organizzato dai Giovani Democratici di Corato insieme a rappresentanti politici del foggiano dove il fenomeno della mafia, quella dei morti ammazzati davvero nel silenzio tombale dei vivi, è purtroppo storicamente ben radicato e lungi dall’essere eliminato.
Nel corso di quell’incontro, in cui ci si sarebbe aspettati la ressa dietro gli schermi, un piccolo gruppo di visitatori ha potuto assistere in diretta alle dichiarazioni del sindaco De Benedittis che ha praticamente, ma anche per fortuna, smentito se stesso dicendo sì, è stata una “tempesta in un bicchier d’acqua”.
Tutto finito? Manco per niente, perché sì questa volta Corrado De Benedittis, nonostante il solito linguaggio tanto forbito quanto criptico, ha detto una verità incontestabile quella del “cortocircuito”. Egli ha detto la verità per la quale i bisogni dei cittadini e le urgenze della città trovano un freno esiziale nella complessità, rigidità e spesso contraddittorietà delle norme amministrative vigenti. Un cortocircuito che però, aggiungiamo noi, non può diventare un alibi per incompetenze, incapacità, ritardi, omissioni che possono essere equamente distribuiti tra i politici che decidono e i funzionari che eseguono.
Diverso è invece il discorso sul clientelismo, sul familismo, sul nepotismo, sul favoritismo e sui mille interessi diretti o soprattutto collaterali di cui è malata da sempre la politica locale e da cui neanche ora, con l’avvento della “rivoluzione gentile”, sembra intravvedersi la guarigione.
Nelle dichiarazioni del sindaco, di rilievo e di assolutamente vero, c’è stato questo passaggio che non solo rivela certi peccati ma anche il peccatore. Eccoli i peccati che sono anche “segreti di Pulcinella” denunciati da De Benedittis: “Spesso si è assistito a stagioni in cui i problemi si risolvevano con una telefonata. E poi gli interventi che si realizzano di fatto nella città vengono sanati sul piano procedurale in un secondo momento. Questa è una grave violazione della cultura della legalità che poi determina una alterazione nei processi non solo amministrativi e politici, ma anche economici”. A questo punto c’è da chiedersi se le vie brevi delle telefonate siano di per sé gravi violazioni della legalità o non siano invece un modo di sopperire alla insostenibile farraginosità della burocrazia e di norme spesso tanto intricate quanto contraddittorie.
È evidente che la legalità non debba mai essere violata, ma ci sono modi e modi di stare nella legalità. Un modo che si dovrebbe evitare è proprio quello dell’immobilismo inadempiente e irresponsabile. La gente ha poca voglia di ascoltare scuse, specie di fronte a problemi atavici o diritti che non riesce ad esercitare quando la macchina amministrativa rimane bloccata per mancanza di benzina o incertezze dei guidatori.
Infine, fuori di indecifrabili metafore e di complicate metonimie, possiamo dire che da noi, se per fortuna non esiste il tragico fenomeno mafioso, di certo esiste ciò che Corrado De Benedittis in forma esagerata ha voluto rappresentare, ovvero la illegalità diffusa, anche come “sistema di inazione e omissione”. Ciò perché quello che si fa si vede, mentre quel che non si fa, o a cui non si adempie, non si vede ed è facile da mascherare.
Quello che è cresciuto a Corato e in tutto il territorio è la illegalità negli apparati istituzionali e nella stessa magistratura, come sta dimostrando il “sistema Trani”. Questo fenomeno è, secondo noi, tendenzialmente più grave della stessa mafia perché mina alla base la fiducia dei cittadini nelle pubbliche istituzioni.
Su questo la politica deve dare risposte concrete senza creare allarmismi e senza esprimere cedimenti o addirittura minacciare fantasmi o piovre. Anzi deve il più rapidamente possibile dare le risposte ai cittadini nei loro legittimi diritti, bisogni ed aspettative. Ciò perché accade sempre più di frequente che siano i cittadini ad essere in credito verso le istituzioni ed anche verso il nostro Comune, che non il contrario.
Che cosa ne pensano gli amministratori e il sindaco a riguardo? Corato aspetta risposte, non domande e neanche enigmatiche denunce.

 

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